Foibe, chi vuole dimenticare?
Il Pm accusa: lo Stato mi ha isolato
L'Unione Sarda 15 giugno 1996
Almeno diecimila persone, negli anni drammatici a cavallo del
1945, sono state torturate e uccise nell'Istria controllata dai
partigiani di Tito. E, in gran parte, vennero gettati (molti
ancora vivi) dentro le voragini naturali disseminate
sull'altipiano del Carso, le "foibe". Fu una strage che
anticipò le "pulizie etniche" della guerra tra serbi,
croati e bosniaci. Un massacro che è rimasto in gran parte
impunito. E, probabilmente, lo resterà per sempre. È quanto
teme il pubblico ministero Giuseppe Pititto (titolare
dell'inchiesta sul genocidio degli italiani in Istria e Dalmazia
tra il 1943 ed il 1947) dopo che il giudice per le indagini
preliminari ha respinto la richiesta di custodia cautelare nei
confronti di due slavi, Ivan Matika e Oskar Piskulic. Secondo il Gip, la richiesta non poteva essere accolta, perché l'inchiesta
riguarda reati commessi in territori che ora sono fuori la
giurisdizione italiana. Ora si attende la decisione del Tribunale
del riesame di Roma che si è riservato di decidere sull'appello
presentato dal pubblico ministero contro l'ordinanza del Gip
emessa nel maggio scorso.
In concomitanza con l' udienza, il Pm Pititto ha fatto sapere di
aver ricevuto una telefonata intimidatoria sul suo cellulare
nella quale una voce maschile gli ha detto: «Taci, altrimenti
saremo costretti a farti tacere per sempre». Il magistrato ha
denunciato il fatto al procuratore capo e ha ricordato che sin
dall'inizio dell'inchiesta è stato più volte oggetto di
telefonate intimidatorie e minacce di morte.
All' udienza di ieri hanno assistito una decina di parenti di
alcune delle oltre diecimila vittime del genocidio e l'avvocato
di parte civile Augusto Sinagra che due anni fa presentò la
denuncia da cui ha preso avvio l'inchiesta.
Il Pm e l'avvocato Sinagra hanno lamentato la latitanza dello
Stato in questo processo. «Lo Stato mi ha lasciato solo per ben
due volte - ha detto Pititto -. Il Comitato della sicurezza ha
ridotto drasticamente le disposizioni di sicurezza chieste dal
procuratore capo per la mia persona in seguito alle tante
intimidazioni che ho ricevuto. Inoltre, nessuna carica
istituzionale italiana ha replicato ai duri attacchi che mi hanno
rivolto i ministri degli Esteri sloveno e croato. L'unico
intervento istituzionale è stato quello di porre il dubbio sulla
competenza giuridica sull'inchiesta. Per 50 anni non solo non si
è pensato di punire questi delitti contro l'umanità ma,
addirittura, non si è istruito neanche un procedimento».
Il Pm ha precisato che il «processo non è affatto di matrice
politica: nelle foibe morirono anche molti antifascisti».
Secondo le tante testimonianze raccolte dal Pm, nelle foibe
dell'Istria e della Dalmazia tra il 1943 ed il 1947 i partigiani
di Tito uccisero circa diecimila tra uomini, donne e bambini
«solo per il fatto di essere italiani». I testimoni raccontano
di cadaveri «straziati, con gli occhi cavati e con i genitali
tagliati». Molti venivano «lapidati dopo avere portato sulle
spalle le pietre per la loro esecuzione; altri venivano arsi
vivi, decapitati e con la loro testa gli slavi giocavano come
fosse una palla». Ad essere infoibati furono anche un
accalappiacani, che certo non era un antifascista, e un sacerdote
che venne evirato ed ucciso con una corona di spine in testa per
aver celebrato «una festa chiamata Pasqua».
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